Profit e Revenue sharing le nuove frontiere dell’economia.
Tutti ne parlano come di nuove opportunità di business e di indipendenza finanziaria, a volte proponendole come formule per diventare ricchi senza fare nulla o poco più. Solleviamo insieme il velo di mistero ed a volte di leggenda che aleggia su queste presunte nuove frontiere dell’economia e capiamo cosa sono e possono realmente offrire.
Sempre più spesso capita di imbattersi in queste due terminologie così tanto utilizzate sul web ed oggetto di articoli, perlopiù sensazionalistici dei mezzi d’informazione siano essi tradizionalisti, carta stampata e tv, o innovativi come web-news o blog.
Per quanto molto simili anche come accezione generale è corretto distinguere queste due tipologie di compartecipazioni (sharing).
Con il termine profit sharing si intende la partecipazione agli utili aziendali e sarebbe più proprio intenderlo nell’accezione proposta dal Dizionario di Economia e Finanza online dellaTreccani come “forma di remunerazione dei lavoratori”. Diverso è il revenue sharing che è sempre votato ad una ripartizione delle entrate seppure inteso come un modello di business come avremo modo di vedere più avanti, con tutto quanto ne consegue.
La differenza.
La grande differenza tra le due è che nel profit sharing c’è una ripartizione degli utili ossia di ciò che l’impresa raccoglie al di là di tasse ed imposte e che non richiede al lavoratore ulteriori attività rispetto quelle ordinarie. La compartecipazione agli utili esclude invece qualsiasi rischio quale la ripartizioni di eventuali perdite, fattore questo che lo differenzia anche da modelli quali le cooperative o società.
Nel revenue sharing c’è invece un impegno e soprattutto un’assunzione di rischio in quanto, nessuno garantisce il ritorno di benefici che restano quindi potenziali anche se probabili. Questo senza dimenticare che in alcuni modelli di business che si rifanno a questa formula può essere richiesto anche un investimento, più o meno grande, che è e rimane a tutti gli effetti a rischio potendo arrivare anche perderlo. Il nostro consiglio, dopo aver analizzato alcuni commenti e visitato alcuni siti che propongono formule di revenue sharing, è di essere molto prudenti specie in assenza di una documentazione specifica ed affidabile, valutando nel caso anche altre opportunità di business a rischio.
L’opportunità.
Recentemente in Italia si è affermata una nuova realtà denominata SixthContinent (letteralmente Sesto Continente n.d.A.) che ha introdotto il profit sharing con una nuova accezione che prevede il riconoscimento degli utili ai propri iscritti, quindi non legati da vincoli di lavoro, sotto forma di punti e crediti utilizzabili per l’acquisto di Shopping Card da utilizzare online o su punti vendita fisici, arrivando a pagarle sino al 50% del valore nominale. Ideatore e fondatore è Fabrizio Politi che ha introdotto questa formula negli USA già nel 2014 quindi in India e da alcuni mesi anche in Italia.
Gli utili vengono generati grazie alle condizioni di favore ottenute dagli alti volumi d’acquisto ed anche attraverso apposite attività pubblicitarie e promozionali, che vengono poi ridistribuite secondo due modalità: come crediti SXC e come punti MOMOSY.
Le modalità.
Entrambe le modalità permettono di acquistare Shopping Card a prezzi inferiori al valore nominale seppure vengono riconosciuti e sono legate a condizioni differenti: i crediti si guadagnano dai propri acquisti, da quelli di amici che abbiamo invitato ad iscriversi ed anche dagli acquisti degli altri utenti sparsi in tutto il Mondo. Il primo di ogni mese verranno azzerati i crediti agli iscritti che non avranno maturato acquisti nel mese precedente ripartendoli in parti uguali tra tutti gli utenti che hanno speso 300 euro o multipli nel mese precedente.
A differenza dei crediti i punti non hanno scadenza e possono essere cumulati nel tempo attraverso specifiche attività tra cui l’accesso quotidiano, la recensione dei prodotti acquistati, secondo un numero specifico di acquisti o di amici invitati che hanno effettuato un acquisto: un sistame questo per ampliare la diffusione della piattaforma aumentando la forza d’acquisto e potenzialmente la capacità di conseguire condizioni migliorative.
Cosa ne pensiamo.
Ci siamo avvicinati alla formula di SixthContinent con grande scetticismo e cautela rimanendo favorevolmente colpiti dal reale risparmio che abbiamo potuto riscontrare e dalle dichiarazioni di alcuni iscritti gioiosi per aver risparmiato anche 1.000 euro in un anno.
Le aziende coinvolte sono davvero numerose, da Amazon ad Ikea ma anche Carrefour, Esselunga, Q8, Eni e molte altre ancora, offrendo praticamente a tutti l’opportunità di partecipare a questa formula che se non vi garantirà l’indipendenza finanziaria vi aiuterà di certo a risparmiare ed incrementare la vostra capacità di spesa.
SixthContinent può essere d’ispirazione anche chi sta pensando ad una nuovo modo di fare mercato oppure a chi vuole lanciare e far conoscere rapidamente i suoi prodotti entrando a far parte del circuito dei fornitori convenzionati già esistenti: in Italia sono oltre 15.000 le famiglie che fanno acquisti utilizzando questa formula ed il piano di sviluppo di SXC (SixthContinent) conta di raggiungere a breve un milione di utenti attivi.